
Droni e vulcani: un supporto tecnologico per lo studio
Studiare i vulcani attivi è da sempre una sfida affascinante e complessa per i geologi. Le condizioni pericolose, i gas tossici e le temperature estreme rendono l’accesso ai crateri estremamente rischioso per gli scienziati. Tuttavia, l’avvento dei droni ha aperto nuove possibilità, trasformando radicalmente il modo in cui i vulcani vengono analizzati.
Un esempio significativo di questa rivoluzione tecnologica è rappresentato dal progetto realizzato dall’Università dell’Alaska Fairbanks (UAF), che ha scelto il vulcano Poás in Costa Rica come laboratorio naturale per testare l’efficacia dei droni in ambienti estremi.

Il vulcano Poás: un laboratorio naturale per l’innovazione
Il Poás è uno dei vulcani più attivi e studiati del Costa Rica, famoso per i suoi pennacchi di gas vulcanico e per l’intensa attività idrotermale. Grazie al progetto dell’UAF, i ricercatori hanno potuto raccogliere dati preziosi direttamente dal cratere, un’impresa resa possibile solo attraverso l’utilizzo di droni tecnologicamente avanzati.
L’obiettivo principale del progetto è comprendere meglio i segnali precursori delle eruzioni vulcaniche, migliorando la capacità di prevedere questi fenomeni naturali altamente imprevedibili.
I droni protagonisti della ricerca sul Poás

Il progetto si basa su un sistema integrato che coinvolge tre droni, ognuno con un ruolo specifico e complementare:
1. Drone Parrot: Utilizzato per documentare tutte le fasi delle operazioni di ricerca attraverso riprese video.
2. Alta X Heavy Lift: Un drone da 11 kg equipaggiato con strumenti scientifici avanzati. Questo velivolo entra fisicamente nel cratere, atterra su punti predefiniti e utilizza sensori per raccogliere campioni di gas, temperatura e umidità del suolo. Ogni operazione dura circa due minuti prima che il drone si sposti al punto successivo.
3. Drone di coordinamento: Monitora in tempo reale le altitudini e le condizioni del cratere, garantendo la sicurezza e il coordinamento delle operazioni.
Le operazioni sono supervisionate da una piattaforma di osservazione sicura situata a circa 300 metri dal cratere, eliminando completamente i rischi per i ricercatori.
I dati raccolti: una finestra sul cuore del vulcano
Grazie all’utilizzo dei droni, i ricercatori hanno ottenuto dati fondamentali su:
– Anidride carbonica (CO₂) e altri gas vulcanici.
– Vapore acqueo, temperatura e umidità del suolo.
– Stato del magma e attività idrotermale.
Questi dati sono cruciali per comprendere i processi vulcanici e rilevare segnali precursori delle eruzioni. La possibilità di raccogliere campioni direttamente dal cratere rappresenta un enorme passo avanti rispetto ai metodi tradizionali, permettendo analisi più approfondite e precise.
Droni e vulcani: il contributo globale della tecnologia

Il progetto sul vulcano Poás non è un caso isolato. In Alaska, un team di ricerca ha utilizzato droni per esplorare vulcani attivi in condizioni estreme, dimostrando la versatilità di questi strumenti. Come nel caso del Poás, i droni hanno permesso di raccogliere dati senza esporre i ricercatori a rischi inutili.
Questi progetti dimostrano come la tecnologia dei droni possa essere applicata con successo in contesti estremi, offrendo nuove opportunità per la ricerca scientifica e la prevenzione dei disastri naturali.
[Credits: The Times]
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